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Notizie ed articoli

Risus adbundat in ore stultorum

Il costume - tutto italiano -  di banalizzare, talvolta schernire, concetti meritevoli di riflessione, osservazioni razionali che differiscono dal presunto “comune sentire” , non denota particolare acutezza mentale né, tanto meno, una serena valutazione delle cose. Sintomatici di un simile modo di incentrare le proprie argomentazioni sulla celia verso le opinioni altrui, quasi ne scaturisse un rafforzamento delle proprie idee, è un intervento apparso tempo addietro nel quotidiano a grande diffusione regionale ed un altro, più recente, a mezzo TV. Interventi di diverso tenore, ma di uguale sostanza. Nel primo si controbatte a due lettere pubblicate simultaneamente  nelle pagine de “l’Adige”.  L’una, di carattere storico, metteva  in evidenza alcuni passi di una lettera inviata a suo tempo da Mussolini all’ amico Prezzolini. In essa il suo  autore elenca i motivi che avevano cementato nei “trentini” il loro sentimento di appartenenza all’Austria. Nella stesura della missiva Mussolini usa, suo malgrado,  espressioni quali “ Gli irredentisti sappiano che il Trentino è austriaco” e “ I montanari inneggiano a Franz Joseph, mentre i liberali si vergognano di parlare italiano”. Nella pagina precedente dello stesso quotidiano veniva preso in esame il tema (a firma dello scrivente) delle bombe degli anni ’60 in Sudtirolo. Si esaminavano le ragioni che avevano pòortato padri di famiglia ad abbandonare le proprie case per darsi alla lotta armata, le implicazioni a livello internazionale che tale fenomeno aveva comportato e, non ultimo, il coinvolgimento nella vicenda dei servizi segreti italiani e la loro azione sul campo. Illuminato il giudizio sugli autori degli scritti successivamente espresso da un lettore: “…austriacanti fino all’osso, anzi, fino al ridicolo…” Tranchant pure il giudizio sull’identità trentina manifestato recentemente in TV da un noto attore di teatro, recentemente tornato alla ribalta. A suo modo di vedere il termine “trentino” spetta solo a chi sta dalla sua parte. Gli altri apparterebbero alla categoria dei “trentoni”. Di questi ultimi farebbero parte coloro che, avanti negli anni, serbano un buon ricordo – tramandato da generazione in generazione – dei tempi dell’impero; la posizione in materia di questi ultimi sarebbe unicamente da compatire. Lo preoccupano, d’altro canto, quei giovani - accomunati anch’essi nello stesso accrescitivo -  che si sono formati un’opinione riguardo alla secolare appartenenza del Tirolo di  lingua italiana all’impero asburgico, affatto difforme alla storia inculcata loro a partire dai banchi di scuola. Al contrario, ad essi va riconosciuto il merito di aver preso coscienza delle proprie radici e di parlarne apertamente. Fulgido esempio di autentico trentino, a giudizio dell’uomo di spettacolo, fu Cesare Battisti. Colui che, deputato al parlamento di Vienna, aveva giurato fedeltà alla Corona e che, nell’ambito del proprio mandato, era in combutta con lo stato maggiore del regio esercito cui trasmetteva informazioni riservate. Nel suo libro intitolato “Da Trento a Malé”, lo stesso riconosce i meriti dell’amministrazione austriaca a cui la città di Trento doveva “un grande progresso edilizio, il fermento di una crescente espansione commerciale, una prospera attività lavorativa e la fondazione una biblioteca comunale ben fornita e molto frequentata”. Da lì a poco, il 12 ottobre 1914, in un discorso tenuto a Torino, l’irredentista trentino dichiarerà : “L’amministrazione austriaca non serve che allo sfruttamento del popolo.” Un modo di agire, questo,   che non ha riscontro nella popolazione trentina. In quei  trentini, oggi definiti non più tali, i cui principi, in primis il senso della lealtà, li contraddistinguono da chi li denigra, e rende loro onore.

 Marco de Tisi




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