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Notizie ed articoli

Insofferenza e Intransigenza: Veri Ostacoli alla pacificazione

Una parola che sovente ricorre durante le cerimonie degli Schützen è (ri)conciliazione, o, nella sua versione tedesca, “Versöhnung” Esprime un’ idea di avvicinamento tra parti contrapposte ed è animata da uno spirito costruttivo; deve necessariamente  basarsi sul riconoscimento reciproco delle diverse sensibilità e richiede onestà d’ intenti. Contrarie a questi principi  sono le posizioni di supponenza assunte troppo spesso dai vertici delle associazioni d’ arma, talvolta con il  concorso della base. I casi cui ci si potrebbe riferire , sono molteplici e conosciuti. Essi si incardinano  sull’ alterigia esercitata nei confronti di coloro che, come gli Schützen, vengono ritenuti - a torto - soggetti un poco ingenui, che inseguono chimere. E  se si concede loro qualche piccolo riconoscimento, lo si fa solitamente per testimoniare all’ universo mondo la propria magnanimità.  Oggi questa  strategia si rivela perdente.  Il clima che anima le nuove generazioni tende sempre più  alla ricerca di ciò che sotto un profilo storico abbia un riscontro oggettivo. Appaga chi, alla ricerca delle proprie radici, e ne individua il fondamento ; preoccupa invece i fautori di un amor patrio a tutto tondo che ne condiziona lo spirito e l’ atteggiamento e che riduce la storia di questa terra ai soli elementi di italianità. Ne è un esempio il disagio manifestato tempo addietro dai vertici dell’ Ana, e ripreso successivamente nell’ imminenza dell’ adunata  nazionale degli alpini del 13 maggio 2012, circa “il clima pantirolese che si sta rafforzando in Trentino”.  Precedentemente, riferendosi al ruolo svolto in regione dagli alpini,   l’ ex-presidente della stessa associazione pronunciava una frase poco felice : “Non siamo folklore come gli Schützen”. Per qualcuno, poi,  la crescita del numero delle loro  compagnie, minaccerebbe  l’ identità culturale del Trentino. Al contrario, proprio ai “cappelli piumati” va ascritto il merito di salvaguardarne l’ integrità. Costumi, tradizioni, gli autentici valori di questo popolo lo  hanno reso storicamente diverso dalle genti di oltre confine, non sono emersi dal nulla nel 1918 con l’ occupazione armata del suo territorio. Rappresentano un patrimonio che oggi torna lentamente a far parte di quella grande comunità che un tempo costituiva il Tirolo storico ed è l’ evoluzione stessa dei tempi che ne traccia il percorso. Che ciò possa rappresentare una possibilità di sviluppo per la nostra terra, una prospettiva reale di benessere, senza recare danno ad alcuno, poco importa. “L’ italianità del Trentino non si discute” sentenziavano i dirigenti dell’ Ana locale all’ atto della costituzione del Gruppo europeo di cooperazione territoriale. Contro queste posizioni estreme, avulse da una qualsiasi disponibilità al dialogo, fece già sentire un tempo la sua voce il compianto monsignor Lorenzo Dalponte. Alla domanda del prefetto di allora che, - convocatolo per aver officiato la messa alla  presenza di una compagnia Schützen del Welschtirol appena rifondata - voleva sapere se si sentisse italiano, il presule rispose, senza indugio : “No, guardi, io sono trentino”.

Marco de Tisi




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